drammaturgia Elisa Di Dio e Filippa Ilardo
con Elisa Di Dio, Nadia Trovato e Sergio Beercock
Musiche originali eseguite dal vivo di Gaetano Fontanazza
Regia Filippa Ilardo e Angelo Di Dio
Produzione Compagnia dell'Arpa
Questa è una Fedra che non ragiona, solamente vuole.
Questa è una Fedra dissoluta e dannata, ma ancora innocente.
Questa è una Fedra annegata nel lago del sogno, nutrita solo dal suo delirio. Una Fedra che consuma il furore di un amore malato nel fuoco della libidine, che ama il limite più di se stessa. Una Fedra che non conosce il passare del tempo, ama sfidare e sfidarsi.
Questa Fedra è di sangue, quello che di terribile c'è in lei emana da quel filo che la tiene legata alla sua storia, alla madre, Pasifae che partorì il Minotauro, alla sorella che lo uccise.
Ruotano accanto a lei, due figure, ombre, fatte della stessa materia dei sogni. Ippolito, il figliastro che subisce, intuisce, ha paura di sporgersi troppo oltre e, nella furia, si trasforma in Minotauro, poi ancora in Teseo, eroe che torna dal mondo dei morti.
Ma è Arianna, la sorella che per colpa di Fedra è stata abbandonata, a tessere le fila del gioco scenico che da lei è animato, dalla sua voglia di vendetta, dalla sua necessità di perdono.
Arianna è solo un’ombra, forse solo proiezione mentale di Fedra in preda ad un delirio notturno, giunge da una dimensione altra, ultraterrena.
Sono tutti vittima.
Il Minotauro è vittima di Arianna.
Arianna è vittima di Fedra.
Fedra è vittima di sé stessa, della sua origine.
Questa Fedra è insieme moderna e antica, nella sua storia è rinchiusa una forza selvaggia, primitiva, trascorsa come è dall'inizio fino alla fine dall'impeto della passione.
Questa Fedra è un polo magnetico, nella sua storia si addensa il senso del sacro, del religioso, dell'etico, del piacere e della colpa, dell'imperfezione umana e divina.
Questa è la nostra Fedra, non merita giudizio, né condanna, è solo una vittima giunta alla soglia di qualcosa, una donna invischiata nel suo labirinto di passione e morte, in un tempo indefinito, in un trascorrere da un tramonto a un’alba.